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lunedì 14 marzo 2011

Perché ricordare


Cinque anni fa tornavamo a casa stanchi ma felici, dopo una kermesse lunga e difficile con negoziazioni fino all’ultima parola fra rappresentanti dei governi e delle organizzazioni contadine attorno a come trattare il tema dell’accesso, uso e gestione delle risorse naturali, terra in primis. Come dar conto degli sforzi storici portati avanti da milioni di contadini e contadine nel mondo per mantenere una varietá produttiva meglio adattata alle terre disponibili, al clima che cambia, ai gusti che evolvono; come riconoscere le specificitá delle popolazioni indigene e, in uan parola, come aprire delle porte di dialogo fra attori che, su questi temi, avevano piuttosto tendenza a parlare per partito preso.
Forse è stato proprio l’osar credere che si potesse dar forma concreta a principi e valori scritti sulle pietre nel nostro ingresso, credere che la partecipazione potesse essee un qualcosa non solo alla moda ma di condividere spazi, saper ascoltare e capire gli interessi degli altri, cercare assieme, nel rispetto degli interessi di ognuno, delle soluzioni che tenessero anche conto di equilibri ecologici di lungo periodo.
Riuscire a mettere attorno a un tavolo una parte importante di questi attori, non tutti chiaramente, per poter parlare in un clima un po’meno teso, ecco questo è stato forse il lascito piú grande di quei giorni a Porto Alegre.
Secondo me pochi hanno capito cosa abbia significato questo momento dentro di questa organizzazione, ed anche gli amici, di allora o piú recenti, hanno delle difficltá a capire il perché dell’insistenza a tornare su quei passi. Hanno altre prioritá, tutte rispettabili, ci mancherebbe, ma il punto è proprio quello di riuscire a caprie dove sta il nocciolo duro delle cose e capire quali lezioni trarre da questi eventi in modo che servano per il futuro. Se nemmeno quelli che dicono condividere i sogni, valori e principi, non riescono a mettere a fuoco cosa abbia significato portare cosí tanti paesi e tante organizzazioni contadine a parlarne assieme, a cercare strade possibili, dimostrando nei fatti che sarebbe possibile, solo volendolo, abbattere anche muri molto forti, ecco allora ti dici, se nemmeno i tuoi piú cari lo capiscono, che senso ha tutto questo?
Oramai tutto si consuma nell’atto stesso, per cui nessun ricordo ufficiale è stato organizzazto, nemmeno un momento per discutere il lascito di quella conferenxza, cosa si è fatto (poco) e cosa si sarebbe potuto fare, che lezioni abbiamo per il futuro, che alleanze possiamo stringere e per fare cosa assieme… Con la memoria stiamo a zero. Io c’ho provato con quattro amici a provare a parlarne un po’, il tempo di una minestra e un po’di verdura, ma nessuno ha piú tempo per nulla, adesso sta arrivando una nuova crisi dei prezzi (annuncio appena uscito sul nostro sito), la crisi agraria avanza, poi ci sono le emergenze, bisogna essere quelle del fare.. ecco, io a vote penso che bisogna anche essere quelli del pensare, del fermarci a riflettere… analizzare le strade percorse, i cammini presi, gli errori commessi… ma forse ho sbagliato canale.. dovró sintonizzarmi su quello giusto.

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