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venerdì 18 marzo 2011

Sudan: Lesson n. 2

Due messaggi per il posto di oggi. Il primo si riferisce allo sviluppo del linguaggio interno al mondo dei Cooperanti (o Umanitari come dicono in altre lingue). Ero sull'aereo per il Darfur e dietro di me c'erano due che discutevano su questioni legati alla (mal)nutrizione. E poco a poco mi sono reso conto che eravamo dentro un mondo chiuso, fatto di un linguaggio sempre più astruso, dominato dagli acronimi che solo i membri della setta conoscono. Un bel modo per riconoscersi anche senza tante carte da visita, noi siamo quelli della Unimid, che viaggiamo col Pam, dobbiamo ricortarci all' Hac, da non confondere con l' Hcr; e dobbiamo conoscere il Prsp, avendo fatto il Pems, siamo capaci di entrare del Fpmis ma senza Ta o Dsa non andiamo da nessuna parte, meno ancora senza l' LP. Chissà se ci rendiamo conto di come stiamo costruendo la nostra torre, dove ci isoliamoi sempre più, mentre ci riempiamo la bocca di partecipazione e tutto il resto. L'ultima moda appena arrivata è l' etica. Tutte le organizzazioni devono avere un responsabile per l'etica... vabbè su questo ritorneremo.

Quindi finchè questo aereo di autisti andava verso El Fasher, mi è anche venuto da pensare ai 7 mesi che sono stati necessari per far sì che i nostri colleghi qui sul posto capissero cosa fosse il nostro approccio ai problemi del Darfur. Siamo venuti qua grazie a un progetto (non formulato da noi) che era già in corso con alcuni studi preliminari (quelli che chiamano i baseline) già fatti da alcuni colleghi, a margine delle tante altre attività in corso. Il problema era che li avevano fatti come se si stesse distribuendo dei cappellini per una ditta che vuol farsi pubblicità fuori dallo stadio: li distribuisci senza attenzione tanto l'importante a fine giornata è averli dati via tutti. Lo stesso qui: lo scopo non era realmente capire il perchè delle cose, ma fare delle riunioni e scrivere delle note per dire che si erano fatte le riunioni. Noi abbiamo iniziato un processo diverso, lo go-slow approach, per cercare di guadagnarci la fiuducia degli sceicchi (i capi villaggio) e chi sta sopra loro, su su fino al sultanato del west Darfur, nonchè i commissioners, sorta di capi contea nominati dal governo. Tutto ciò per far capire loro che non siamo venuti a creare scompiglio ma ad aiutare il tema della sicurezza alimentare a partire da una migliore comprensione dele dinamiche legate alle risorse naturali. Chi le controlla, che meccanismi di dialogo e pianificazione collettiva esistono o si possono creare/riforzare, il tutto con molta pazienza e modestia.

Mesi e mesi per far questo, e nel frattempo il progetto spende pochi soldi. Questo è un problema nell'ottica delle Emergenze, sia per le ONG che per le cooperazioni internazionali. Bisogna spendere perchè così chi ti ha dato i soldi sarà contento. Ecco, noi funzioniamo in un modo diverso; vogliamo capire i bisognbi, vedere cosa possono apportare loro, le popolazioni locali, in modo da sviluppare un senso di appropriazione più forte perchè non crediamo al metodo dei regali. E questo prende tempo. Sette mesi dopo sembra che le cose siano chiare; lo verificherò nei prossimi giorni e riotrnerò a scrivere su questo nei prossimi mesi. In realtà sette mesi sono poca cosa. Quando penso ai miei colleghi a Roma, nemmeno dopo anni riescono a capire la portata storica del cambiamento che portiamo avanti noi. Chiaro che, in un'ottica di un progewtto che finisce quest'anno, sette mesi sembrano un'eternità, ma non è così. Se chi sta sopra ha capito il senso dell'operazione, ti aiuterà meglio in futuro e lo stesso varrà per il donante che capirà che ci teniamo ai suoi soldi come e più che se fossero nostri per cui non vogliamo buttarli via giusto per il gusato di spenderli. Dobbiamo farlo a ragion veduta, e questo implica tanto dialogo e tanta negoziazione. A domani

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