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venerdì 16 marzo 2018

16 marzo 1978, Istituto per geometri Antonio Canova, Vicenza



Scrivo questo post pensando a un vecchio e caro amico, Massimo Schiavotto, con cui condividemmo l’essere chiamati con urgenza dal Preside dell’Istituto, saranno state le dieci, dieci e mezza al massimo, per informarci, in quanto rappresentanti degli studenti negli organi collegiali dell’epoca, del rapimento di Moro.

Venimmo anche invitati, e autorizzati seduta stante, a chiamare una assemblea d’istituto da farsi subito, nell’Aula Magna, per discutere quello che era successo.

Col senno di poi mi verrebbe da pensare che un simile messaggio e invito stesse per essere dato in tutte le scuole superiori del regno, emanando forse dal Prefetto o Ministro dell’Interno, allo scopo di mostrare una unità della nazione in un momento tanto difficile ed anche per capire meglio gli umori che stessero circolando tra i giovani, quell’area grigia della sinistra extraparlamentare che si temeva finisse per essere attirata dalle BR e altri gruppuscoli.

Informazioni ne avevamo pochissime, per cui non è che avessimo granché da dire, o almeno così mi ricordo. Il nostro non era un istituto molto politicizzato, nonostante gli sforzi (più di Massimo direi…). La percezione che quell’evento segnasse una svolta in Italia, almeno io, non l’ebbi in quel momento.  Ricordo, come ho già scritto in altri post, che grazie ai fratelli più grandi, avevo già iniziato a seguire le storie contorte che emanavano dalla Repubblica che dovevamo difendere. Ero già al corrente del tentativo di colo di stato del generale De Lorenzo, di quello mancato della X Mas di Junio Valerio Borghese, delle bombe fasciste sui treni e poi a Piazza Fontana, per non parlare di Piazza della Loggia. Ogni volta sempre quel miscuglio di servizi segreti e fascisti, con una parte del mondo democristiano che mostrava contiguità poco chiare. Gli scandali si succedevano, il nostro amato Rumor, primo vicentino a diventare Primo Ministro per non so quante volte, venne accusato di essere la famosa Antelope Kobbler del caso Loocked, poi gli scandali legati alla prima dama, la moglie di Topo Gigio, arruffone presidente della repubblica che sembrava uscir fuori dalla commedia dell’arte. 

Insomma, in quel momento era difficile per noi giovani identificarci con lo Stato, quando lo Stato era rappresentato da quelle facce e da quei poteri, già allora subordinati ai diktat delle potenze economiche e finanziarie (ricordate lo slogan: Agnelli-Pirelli, ladri gemelli?) e , sopra tutti, agli americani.

Cosa potesse centrare Moro in tutto questo per noi giovani era difficile da capire. Avessero preso Andreotti probabilmente ci sarebbero state urla da stadio, tanto il suo nome ricorreva sempre in tutte le faccende sporche della repubblica (e non sapevamo che il meglio doveva ancora venire). Ma Moro, così modesto, così a bassa voce, uno che voleva aprire porte per far sì che la politica non fosse buttata fuori dalla finestra? Cosa centrava lui non riuscimmo a capirlo mai. 

Con gli anni, a mano a mano che, come sempre, le indagini finivano su strade sbagliate, sparivano documenti, fotografie etc.. ci convincemmo ancor di più che questa storia, la vera storia del rapimento di Moro non l’avremmo conosciuta mai.

Chi di voi si ricorda il grottesco episodio della seduta spiritica alla quale partecipò Romano Prodi? (http://formiche.net/2013/04/la-macchia-della-seduta-spiritica-sul-covo-delle-br/
Uno dei pezzi da novanta del sistema economico democristiano, in pieno svolgimento del “processo” a Moro, va a una seduta spiritica dove, incredibile, gli viene citata la parola “Gradoli” come luogo dove sarebbe tenuto prigioniero Moro. Prodi tace per due giorni, mentre la moglie di Moro, informata della cosa, indica che deve trattarsi della via Gradoli a Roma. Troppo semplice per gli investigatori, che decidono invece di pensare al Lago di Gradoli dove verranno mandati sommozzatori e quant’altro all’inutile ricerca del corpo. Anni dopo, una volta scoperto finalmente il covo delle BR, verrà fuori che erano in tanti a sapere di quel covo, ma nessuno riuscì a convincere il Ministro dell’interno (e futuro Presidente della Repubblica, Cossiga) a mandare qualcuno controllare.

Lo stesso dicasi della prigione di via Montalcini (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/06/01/la-vera-storia-di-via-montalcini.html) dove, è sicuro, Moro fu tenuto prigioniero per un periodo (tutto il tempo? Non è mai stato chiarito). Anche lì una soffiata era arrivata pochi giorni dopo il rapimento, e, miracolo, i carabinieri dimenticano di controllare l’appartamento dei brigatisti con la scusa che non c’era nessuno in casa. 

Per arrivare ai giorni nostri con la storia delle foto scomparse che testimonierebbero la presenza di un pezzo grosso della Ndrangheta, e finalmente dei due a bordo della Honda che accompagnarono i rapitori a Via Fani senza che fino a oggi siano saltati fuori i nomi. 

Insomma, abituati ai depistaggi organizzati dagli apparati dello Stato, era difficile farsi un’idea chiara e ancor oggi la puzza è molta attorno a tutta la storia. Quel che è sicuro è che i famosi apparati, quelli che da decenni operano nell’ombra per orientare in via filo-occidentale il cammino della nostra derelitta repubblica, sono sempre ai loro posti, e l’Italia, ubbidiente, ha capito che non poteva permettersi cambi di strada. Berlinguer lo aveva già detto nel 1973 dopo il golpe in Cile: anche se vincessimo le elezioni con il 51% dei voti non governeremmo da soli. I messaggi che dovevano arrivare sono arrivati. Le commistioni tra Stato e Mafia sono uscite dalle penne dei giornalisti per entrare nelle aule dei tribunali (http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_dicembre_15/i-pm-trattativa-istituzioni-tradite-patto-clan-a247c8a8-e102-11e7-acec-8b1cf54b0d3e.shtml). E’ ancora presto per sperare che un giorno si possa sapere chi ha realmente comandato l’Italia in questi anni. Il povero Moro, convinto che fosse la politica italiana a dover fare la sua parte per rimettere in piedi il paese, ha pagato con la vita. Come lui tanti altri servitori probi, Falcone, Borsellino su tutti, ma la lista è lunghissima. Oggi, quaranta anni dopo, pensiamo ai giovani della scorta, messi lì a far finta di proteggere una pedina delicata come Moro e mandata al macello senza possibilità di salvarsi. Che poi Moretti, Morucci e la nostra vicina Faranda (abita a Trevignano per chi non lo sapesse), siano tutti a piede libero senza che abbiano raccontato la storia fino in fondo, o che Casimirri allieti le cene a base di pesce della casta niraguegna a piede libero, ti fa pensare che, come sempre, vogliono farci vedere solo quello che hanno deciso su in alto. I dadi sono già stati tirati e la strada non si cambia.


Vedrete che, dopo tante chiacchiere, anche il governo che uscirà fuori da queste elezioni non farà nulla che non piaccia a Bruxelles, Francoforte e alla Nato. Scommettete?

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