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lunedì 5 marzo 2018

Elezioni 2018: il dilemma di Di Maio



Scrutini quasi definitivi danno una larga vittoria ai penta stellati: complimenti e auguri per le nuove e maggiori responsabilità che gli incombono.

Si aprirà quindi una nuova legislatura con tante facce nuove e alcune vecchie, anche nel piccolo mondo stellato. Seconda legislatura per Giggino che, in questo modo, ha usato tutto il bonus disponibile secondo le loro regole interne.

Ecco da dove viene quindi il dilemma personale: seguire le direttive di Grillo che aborre l’idea che il M5S diventi un partito come gli altri, che crede ancora nell’idea del movimento che stimola i cambiamenti e poi si scioglie (si biodegrada, come da ultima uscita venerdì scorso), oppure la voglia personale di andare al governo a tutti i costi, e quindi mettersi a fare politica come qualsiasi altro partito?

Il M5S non ha la maggioranza e l’unica possibilità reale è che faccia un patto con qualcuno, si spera alla luce del sole e non come si fa di solito, in cantina, in modo da avere almeno una “non sfiducia” di andreottiana memoria. Solo in questo modo il loro governo di tecnici potrebbe esistere. L’alternativa, simile nel risultato, sarebbe di mettersi a tavola con Salvini e, assieme, avendo la maggioranza, fare un governo di destra. Il rischio è che una parte del movimento non ci stia e quindi si spacchi il gruppo appena creato a Montecitorio, ecco perché penso che la prima ipotesi sia più probabile (anche se restiamo con probabilità basse).

Se Di Maio fa un governo o, in subordinata, dovesse accettare di portare voti a un governo Salvini Berlusconi, allora la legislatura potrebbe stare in piedi, anche se con molti rischi. Se, al contrario, ognuno campa sulle proprie idee, allora Mattarella dovrà trovare il modo di far promuovere una nuova legge elettorale, sciogliere le camere appena insediate (e quindi dichiarare finita la legislatura) e ricominciare da capo. Ma qui casca l’asino, perché in quel caso Di Maio, già deputato nella legislatura appena finita, cumulerebbe due legislature (anche se la seconda sarebbe brevissima) e quindi non potrebbe ricandidarsi.

Rispettare le proprie regole e sparire, dando il bastone del comando a Dibba? Io non ci credo manco morto. Giggino è uomo di potere, per cui manderà a quel paese anche Grillo e farà un governo. Se proprio non funzionasse, troverebbe anche lui un’ottima scusa per dire che le regole che si erano dati erano per il passato e che lui deve continuare a guidare il M5S. Magari una votazione on line di qualche condominio di Acerra confermerà che ha ragione lui. 

La trasformazione del movimento e la traiettoria dalle stelle alle stalle sarà allora compiuta e avremo quindi un normalissimo partito in più, con le sue magagne, corruttela e clientele a spartirsi la greppia dei soldi pubblici.


Tanti saluti.  

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