Visualizzazioni totali

lunedì 4 gennaio 2010

Ai vecchi compagni della quinta effe - 1979 - versione completa

Caro Loris, e cari voi tutti, non potendo esser li con voi stasera, come promesso vi mando due righe per raccontarvi i miei pensieri su questo ritrovo dopo 30 anni.
Il primo pensiero che mi viene in mente è per Roberto Valente, che ci ha lasciato in quella maledetta curva, poco piu di ventenne. Scrivevamo poesie assieme io e Roberto, ovviamente stupide, con rime da quattro soldi, alcune dedicate alle varie classi (iniziammo dalla seconda o terza F se ricordo bene).

Ricordo un inverno, Stefano Fantin che giocava a fare gli slalom (era grande appassionato di sci) con una penna su un foglietto di carta. Ricordo Viero, con la testa sempre alla sua musica e meno alle materie tecniche. Ricordo Liotto, ma qui non sono sicuro fosse la quinta, forse era prima, quando ci disse di aver inciso il suo primo 45 giri: “E ci chiameranno … amanti noi… “, c’era molta passione musicale in loro due … e subito si attaccava Enrico “Brazza”, rayban, Guzzi 125 se non sbaglio, appassionato anche lui di pianoforte. Eravamo su sponde politiche diverse, potremmo dire opposte, ma ciò non impediva di parlarci e star bene assieme.

Da Giorgio Grigolato ricordo un pranzo, a Ponte di Barbarano, eravamo già in quinta? .. Ma quanto sembrava lontano arrivare fin laggiù. Lo stesso quando pensavo a quelli che venivano da “su”: Parise, Minuzzo da Marostica/Bassano e Ravazzolo, Cecchetto, Zordan addirittura da Valdagno. Che contrasto con Roberto Valente e Rossetto che praticamente venivano a piedi o al massimo in bicicletta. Ecco un ricordo che mi è rimasto è proprio quello geografico: la prima volta che sono andato da Roberto Cola a Villaverla e quando siamo andati, credo con Loris e Alberto “Zorro” in macchina, con la sua Alfasud rossa fino a Marostica e a Marsan per trovare Parise e Minuzzo. Se penso a quanto mi sembravano lontani quei posti allora e a quanta strada mi sono sorbito da allora, per andare in paesi che all’epoca manco sapevo esistessero.. ecco da qui misuro il tempo passato.
Non ho pensieri particolari per i Prof di allora. Credo che nel bene e nel male cercassero di fare bene quello che consideravano il loro dovere. Preferisco ripensare a noi, una riflessione è sempre utile per guardarci dentro, capire chi siamo, da dove veniamo e dove vogliamo andare.

Forse quello che a tutti sembrava il più fuori di testa era Eros: due anni più grande di noi, aveva l’aura di chi ha vissuto. Appassionato di Jimi, capelli mezzo per aria, impressione di aver sempre appena fumato.. eppure Eros se n’è uscito con un 50 alla fine, ricordandoci così come non si finisce mai di conoscere le persone.
Uno che mi impressionava anche era Dambi, per i salti che faceva. Da fermo andava su come un fulmine e faceva di quelle schiacciate da far paura. Ecco, la pallavolo, che mi riporta a noi dell’Argine: tu Loris e Alberto, con cui fin da parecchi anni prima ci eravamo messi a far una squadretta. Vi ricordate quando abbiamo iniziato, con Livio Dori come allenatore? Eravamo in 5, nemmeno da fare una squadra, e Zorro ogni tanto portava suo cugino.

Difficile non ricordare, almeno per me, l’ Alfasud di Zorro, mitica, anche per l’autoradio e mangiacassette: quante volte ci siamo ascoltati Renato Zero in quel periodo? Sicuramente troppo dato che non posso nemmeno vederlo dipinto. Dato che la R4 che i miei hanno comprato un paio di anni dopo, dello stesso rosso, continua a servirmi egregiamente dopo 28 anni, un pensiero va quindi anche a quelle macchine dell’epoca. Oppure alle moto: la mia maledetta Motobi prima e poi, per pochi mesi, la Vespa 150 con ci mi schiantai a San Felice contro una macchina che veniva in senso inverso, a marcia indietro, il 5 dicembre 1978. Dato che ci ho rimesso i denti e che pochi anni fa ho dovuto rifarli, e ricordarmi quanto costino, quel giorno di quell’anno lì resta fra i ricordi inevitabili. Ricordo anche una moto Morini di Stefano Andriolo (ma era con noi o sbaglio anno?), che fu grande schiacciatore del nostro Argine. Ricordo, anche se piu vagamente, una moto rossa di Mauro; ricordo la sua faccia la mattina, seria, con la sigaretta in bocca. Un legame forte si era creato fra noi fin dall’ anno prima, causa quel lavoro che Mariano ci portò a fare a Sarnico. Ci si frequentava poco, di lui ho saputo che era andato a lavorare all’ agenzia immobiliare Vicenza, negli anni in cui facevo l’università, e poi più nulla per decenni, finchè un giorno, non molto tempo fa… ma questo ve lo può raccontare lui. Lo stesso con Roberto Cola: mi aveva stupito sempre la sua scelta, dopo il geometri, di andare a Medicina e pur studiando nella stessa città praticamente non ci siamo più visti ne sentiti. Anche lì decenni sono passati, finchè, grazie a Mauro, ci siamo ritrovati un anno fa. Devo dire che è stato un piacere grande, perché più che i ricordi abbiamo sentito (se mi permettono il plurale che li coinvolge indirettamente) ancora una comunione di idee, di voglia di raccontarsi, di cercare gli altri. Ecco, questo è il punto a cui volevo arrivare. La vita per me è un continuo cammino, sconosciuto, dentro noi stessi e verso l’alterità, il fuori, gli altri; questo perché alla fine della storia, gli altri siamo noi. Ritrovarsi dopo tanti anni può facilmente scadere nel “passatismo”, quanto eravamo più giovani, quanti sogni avevamo, quindi alla fine un puro esercizio nostalgico. Questo mi ha tenuto lontano, perché inevitabilmente questo non porta a nulla: ci si fa una serata e poi buonanotte. Ma ritrovare Mauro e Roberto, un po’ casualmente, e ritrovare la stessa apertura di allora, mediata da maggior maturità, dalla vita…, ecco, mi ha fatto ripensare ad alcune cose e, grazie alla proposta di Loris, ho pensato di buttare questa bottiglia nel mare. Non so l’effetto che farà, ma almeno provo a dirvi cosa sento io e cosa vi avrei detto se fossi stato li.

Mi piace pensare che ci sia rimasta, non so se in tutti, ma così vorrei sognare, una voglia di restare aperti agli altri, di fare ogni giorno lo sforzo per capire gli altri, le loro ragioni, i loro sogni e problemi, perché solo cosi ci capiamo meglio noi stessi. Qualcuno di voi ha provato ad andare via: se ben ricordo Parise era partito per l’Australia, e poi è tornato: ecco, io che da più di ventanni, in realtà 26, continuo a girare il mondo, vado avanti sempre più con questa convinzione: di mondo ne abbiamo uno solo, dobbiamo imparare a viverci assieme dentro perché da qua non possiamo fuggire. Per cui lo sforzo che ci fa andare avanti, penso io, dovrebbe esser quello di condividere, ma non solo una serata: condividere una voglia di accettazione, dell’altro, del diverso, di chi non la pensa come noi. Vedo un mondo sempre più difficile la fuori, un mondo dove solo aumentano in conflitti e dove mi tocca mettermi sempre più. Roberto Cola ha un sogno simile, da molti anni, e così credo Mauro. Usiamo questa opportunità di questa cena non solo per i ricordi, che sono importanti, ma anche per guardarci dentro.

Vorrei chiudere brindando con una di quelle bottiglie di Lambrusco fermo che Giorgio Gramola vendeva anni fa.. erano buone allora e non le ho piu trovate. Ancor meno il fragolino che di nascosto ogni tanto riusciva a vendermi. Ma se ne trova ancora in giro?

PS. Avrete capito che faccio una vita un po’ da zingaro, pero volevo dirvi anche che se per caso una volta vi andasse di far la pazzia di venire a Roma, anzi ad Anguillara Sabazia, ci sarebbe spazio per mettervi, in condizioni spartane, quasi tutti, per fare un ritrovo non solo a Vicenza, ma anche qui al sud (dove fra l’altro vivono altri vicentini). Ciao e buona festa. Magari Loris potrà mettere qualche foto e messaggi su Facebook. E mo ripasso alle rogne Haitiane.

Nessun commento:

Posta un commento