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venerdì 8 gennaio 2010

Rosarno, CastelVolturno, Balotelli ....



Rosarno, rivolta dei diseredati
Costretti nei campi dalle mafie

A Rosarno la rivolta degli immigrati

Insulti razzisti a Balotelli: e se Juventus-Inter si giocasse a porte chiuse?
Chissà se Jean Claude Blanc sarà contento. Adesso che i minus habens della tifoseria juventina si sono esibiti nel Festival dell'Insulto Razzista nei confronti (indovinate un po'?) di Mario Balotelli - apprezzabile bis del campionato scorso, quando la cosa provocò la prima squalifica per razzismo mai comminata nel calcio italiano: la Juve giocò la partita con l'Atalanta (inizialmente avrebbe dovuto essere quella col Lecce) a porte chiuse – cantando a squarciagola, felici come pasque, “Se saltelli muore Balotelli” in alternativa a “Balotelli negro di merda”;


I titoli di alcuni giornali e/o blog di questi ultimi tempi, in particolare il corto circuito fra i fatti di Rosario e l’ennesima discussione sugli insulti a SuperMario, mi suggeriscono alcune domande. Quanti chilometri ci saranno fra Rosario e il centro dell’Europa? Di più o di meno di quelli che intercorrono fra il centro degli stadi di calcio italiani e il Sudafrica (dove si svolgerà la prossima coppa del mondo?)

Rosario si trova nella stessa Italia di Castelvolturno? Quell’Italia che sarebbe un esempio della superiorità della cultura occidentale secondo il nostro caro Cavaliere?

Viviamo sempre più in un mondo dove comanda il soldo, la finanza e non il valore lavoro. Perciò la manovalanza a buonmercato è merce obbligatoria e di questo se ne sono accorti non solo i mafiosi di Rosario e Castelvolturno, ma anche i padroncini del “mitico” nord-est, del varesotto leghista e di molti altri settori dell’imprenditorialitá e del “made in Italy”.

Ci sarebbe piaciuto vedere i tifosi (nel senso forse che portano il tifo, inteso come malattia?) della Juve, dell’Inter, dell’Hellas Verona e molte altre squadre, abituati ai cori contro i “negri”, con i loro buu e i loro “non ci sono negri italiani” andare in fila indiana a Castelvolturno, a Rosarno e altrove a gridare la loro gioia di vedere finalmente come devono essere trattati sti negri, sti immigrati. Almeno sarebbe stato chiaro da che parte giocavano. Razzisti fin dentro l’anima, che almeno abbiano il coraggio di assumerlo pubblicamente: state dalla parte degli sfruttatori, dei mafiosi e, più in generale, degli ignoranti.

Ma non ci andranno, perché finita la partita la domenica sera si torna nella fabbrichetta, si torna in Ditta il lunedì mattino, in campagna o in stalla, e allora gli immigrati non sono più quelli da schernire e picchiare, ma diventano quelli utili, senza i quali la nostra agricoltura sarebbe già morta, così come gran parte dell’edilizia.

Sogniamo un governo che invece di soffiare sul fuoco, di incitare alla violenza un giorno sì e l’altro pure obblighi questi tifosi ad andare loro a raccogliere i pomodori, l’uva e le arance a 20 euro al giorno. Almeno avranno l’occasione di “abbronzarsi”, parola tanto cara al solito Cavaliere.

Più vicino a casa mia, ricordo come, pochi anni fa, quando realizzammo un documentario sull’immigrazione ad Anguillara Sabazia, uno di loro, da tempo residente stabile, con lavoro e famiglia, socialmente integrato e voglioso di dare una mano, citó il caso Anguillara come esempio di integrazione; ancora parecchia strada da fare ma gli esempi c’erano e su questi si poteva costruire. Riuscimmo anche a smuovere le acque politiche locali, all’epoca governate dal centro sinistra, con un sindaco giovane che aveva dato speranza a tanti altri giovani e non di riavvicinarsi alla politica. Si organizzò anche una prima festa, una specie di incontro tra le culture degli immigrati (ad Anguillara ve ne sono di oltre cento nazionalità diverse) e quella degli anguillarini e anguillaresi. Ma tutto morì lì perché non si volle capire che l’integrazione si costruisce fin dal primo giorno, con volontà e rispetto da tutte le parti; ci si da fare prima che i problemi arrivino ed invece, nulla. La breve stagione della speranza se ne andò, confermando l’incapacità di questo centro sinistra di capire e saper affrontare problemi di questo tipo, e la destra è tornata al governo locale, ovviamente disinteressandosene come già aveva fatto in passato.

Di fatto ci troviamo in una specie di conventio ad excludendum, dove ai più fa comodo averli gli immigrati finché lavorano a buon prezzo, finché consumano, ma senza voler riconoscere loro uno spazio nella società, sia locale che nazionale. Ma ricordiamoci che sono pentole a pressione. Così come le politiche di sviluppo imposte dal Nord del mondo al Sud solo riescono a generare povertà e non possono contenerla, per cui gli immigrati, che ci piaccia o meno, continueranno a venire verso di noi, la politica dello struzzo, il non voler vedere e non voler accettare che oramai Anguillara è anche cosa loro, come oramai la nostra Europa è anche loro, può solo continuare ad alimentare il fuoco sotto la pentola.

E qualsiasi cuoca o cuoco sa benissimo che non è una buona pratica dimenticare la pentola a pressione col fuoco acceso …

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